Un’idea che ho notato essere molto comune, ma che penso sia sbagliata è che per sviluppare la nostra spiritualità dobbiamo mettere da parte la nostra sessualità come se fosse solo un’eredità della nostra natura umana. Sappiamo che quest’ultima tende ad allontanarci da Dio, ma non dobbiamo cadere nell’errore comune di considerare il nostro corpo e le sensazioni sessuali che ci fa vivere come sbagliate a priori. Il corpo che ci è stato donato è uno dei motivi per cui siamo qui sulla terra, è quello strumento che dobbiamo imparare a padroneggiare per poter ottenere un corpo glorificato come quello di Dio. Ecco che forse la ricerca e la possibilità di vivere il piacere non viene più vista con una connotazione immorale, ma come qualcosa che ci può far progredire e far espandere la nostra anima. Quando parlo di piacere, non mi riferisco solo a quello sessuale, mi riferisco a tutte quelle sensazioni che ci fanno stare bene, comprese quelle sessuali. Non c’è nulla di sbagliato nel volerle provare, solo dobbiamo imparare a distinguere quelle che ci fanno veramente bene da quelle che ci illudono di star bene. Come possiamo farlo? Possiamo semplicemente chiederci:
“Questo tipo di piacere e sensazione mi avvicina o mi allontana dal Padre Celeste?”
“Questo comportamento mi permette di diventare l’uomo che voglio essere? Mi permette di creare qualcosa di buono nella mia vita?”
“Se scelgo di agire in questa maniera, sto dimostrando a me stessa di essere il linea con ciò in cui credo?”
Questo approccio ci permette di mettere in atto la nostra responsabilità in maniera più profonda e consapevole per ciò che riguarda le nostre scelte e l’obbedienza ai comandamenti. Non scegliamo di obbedire solo perché è giusto e perché ci protegge, ma perché lo vogliamo, perché vogliamo lasciare che questo ci trasformi. Invece di nasconderci dietro “gli altri si aspettano da me questo”, “se le circostanze fossero diverse, farei scelte diverse” oppure “non posso farne a meno”, scegliamo di usare i comandamenti per modellare noi stessi e progredire. Essere persone “agenti” può essere più difficile, ma è di certo più potente nella prospettiva di creare qualcosa di buono nella nostra vita. Fede è anche questo: non bloccare la nostra sessualità solo perché può essere un territorio “scomodo” da esplorare, ma credere di poter sviluppare le caratteristiche necessarie per padroneggiarla e diventare più pienamente la persona che possiamo essere con l’aiuto di Gesù Cristo. Questo ci permetterà di essere più in sintonia con noi stessi e gli altri e di attingere a una fonte di forza ed energia che abbiamo volontariamente o involontariamente accantonato dentro di noi senza renderci conto che sono parte dalla nostra natura divina.
Spesso siamo indulgenti in questo comportamento pensando che la pornografia ci faccia sentire “vivi”, fuori dal controllo di qualcun altro e ripetiamo a noi stessi:
“Quando mi sposerò non sentirò più la necessità di usare la pornografia.”
“Quando non mi sentirò così stressata non ne avrò più bisogno.”
“Quando non sentirò più la pressione delle aspettative degli altri su che tipo di persona devo essere allora non vedrò più la pornografia come sollievo.”
“Quando avrò una migliore comunicazione con mia moglie potrò far cambiare le cose e smettere di rifugiarmi nella pornografia.”
“Quando il sesso con mio marito sarà soddisfacente non mi servirà più la pornografia per raggiungere l’orgasmo.”
Pensare che quando le circostanze saranno diverse allora non sentiremo più la necessità di rifugiarci nella pornografia o vederla come fonte di sollievo dalle pressioni esterne equivale a mentire a noi stessi. Ecco, proviamo a proiettarci in un futuro dove, mettiamo il caso, le circostanze a cui noi attribuiamo la causa del nostro problema con la pornografia sono cambiate solo il giorno prima (es. mi sono sposato, è terminato il periodo stressante della mia vita, l’intimità sessuale con mio marito è migliorata), quindi abbiamo continuato a sentire la necessità della pornografia fino a poco fa. Che tipo di persone saremo diventate se non decidiamo di affrontare il nostro problema oggi? Forse davvero smetteremo di sentirne la necessità dall’oggi al domani, ma possiamo pensare che aver giustificato un comportamento contrario ai nostri principi non avrà alcun effetto su di noi nel corso del tempo? Il problema non è la pornografia in sé, ma quello che diciamo a noi stessi per autogiustificarci, per nascondere a noi per primi qualcosa che non ci piace ammettere. Mentiamo a noi stessi e ci autoconvinciamo di vivere in una realtà che non esiste.
Essere onesti con noi stessi può richiedere notevole maturità emotiva perché ci farà capire che stiamo mentendo a noi stessi, che non siamo fedeli a chi siamo veramente e che non vogliamo assumerci la responsabilità delle nostre scelte. Sbagliare fa parte del percorso di perfezionamento, ma essere indulgenti con noi stessi, nel migliore dei casi, ci fa rimanere bloccati senza possibilità di progresso. Se non vogliamo confrontarci con noi stessi o con il nostro coniuge e non vogliamo riconoscere di avere un problema con la pornografia, forse è perché vogliamo attribuire la colpa a qualcun altro con espressioni tipo: “La Chiesa mi fa sentire sbagliata e repressa”, “Mia moglie non mi soddisfa sessualmente”, “I miei genitori non mi hanno permesso di vivere la mia sessualità serenamente”, ecc. Forse pensiamo che resistendo all’autorità di qualcun altro e non alla nostra e costruendo un’immagine di noi che non coincide con la realtà, ci sentiremo più gratificati piuttosto che ammettere di non avere il coraggio di rendere conto delle nostre scelte e di essere chi siamo veramente.