Avete mai notato che la maggior parte delle diagnosi di ADHD riguarda il genere maschile? Vi siete mai chiesti perché? Be’, qualche esperto delle neuroscienze se lo è chiesto e penso che troverete interessante ciò che è emerso, soprattutto per quel che riguarda molte donne adulte.
Ammettiamolo… lo stereotipo femminile ritrae la donna come svampita, chiacchierona, incapace di gestire i soldi e per natura ritardataria. Ora, alle donne che stanno leggendo questo articolo e che stanno pensando: “Oh no, io ce le ho proprio tutte”, be’ sappiate che questo non significa essere sbagliate e poi sono solo stereotipi. Chissà, però, se dietro il nostro modo di fare un po’ “svampito” c’è qualcos’altro. Ovviamente le spiegazioni possono essere diverse, ma sembrerebbe che delle volte questo modo di fare venga mal interpretato.
Diversi studi hanno dimostrato che l’ADHD non viene diagnosticato correttamente nel genere femminile perché si associa questo disturbo principalmente al genere maschile. Chiariamo dicendo che non è corretto dire che l’ADHD è un disturbo che riguarda principalmente il genere maschile, ma è altresì vero che è un disturbo diagnosticato principalmente tra il genere maschile. Che cosa significa questo? Per spiegarlo basta citare uno studio del 2015 (Nadeau et al.) che sostiene che approssimativamente la metà delle ragazze con ADHD non riceve una diagnosi corretta di tale disturbo. Questo significa che i dati sulle diagnosi di ADHD sono stati influenzati dal genere.
In un articolo del 2015, la dott.ssa Chiara Manfredi sostiene che per diverso tempo la sintomatologia che doveva essere individuata per avere una diagnosi di ADHD si basava principalmente sulle caratteristiche di bambini bianchi di sesso maschile senza considerare che nel genere opposto la sintomatologia sembra manifestarsi in maniera diversa. La dott.ssa Manfredi cita, per esempio, la maturazione più veloce del cervello femminile, le differenze ormonali e le aspettative sul comportamento della popolazione femminile rispetto a quella maschile. Questi e altri fattori causano sottodiagnosi di ADHD per molte donne. È interessante notare che molte donne ricevono una diagnosi di ADHD solo in età adulta perché i loro figli ricevono una diagnosi del medesimo disturbo (Nadeau, 2002).
Mi è capitato di incontrare famiglie che cominciavano la valutazione per la diagnosi di ADHD o altri disturbi per i propri figli; per chi non lo sapesse, in questa occasione il professionista specializzato fa una serie di domande ai genitori per individuare dei tratti caratteristici del bambino/a o del ragazzo/a necessari per la diagnosi. Scavando un po’ tra i ricordi, almeno uno dei due genitori esclama sorpreso: “Anch’io avevo la stessa difficoltà da bambino, ora capisco perché” oppure “Facevo fatica anch’io in quella cosa”. Quando la diagnosi di ADHD arriva in età adulta, una donna trova finalmente un senso a tutte quelle volte che si è sentita “quella” svampita, troppo chiacchierona, disorganizzata o stressata (Johnson, 2020). Secondo il prof. Pallanti e la dott.ssa Salerno (referenti in Italia del DIVA 2.0 – Diagnostic Interview for ADHD in Adults), le donne adulte con ADHD definiscono la loro vita “fuori controllo” mentre si destreggiano tra appuntamenti di lavoro, responsabilità familiari e difficoltà nel gestire i soldi. Ci sono donne però che riescono a tenere sotto controllo la loro ADHD, ma con molta fatica e un carico emotivo non indifferente (n.d.). Inoltre, è emerso che:
“Le donne ADHD sperimentano frequentemente un umore disforico, disturbi di ansia e depressione, hanno spesso problemi alimentari e una bassa autostima. È spesso per sintomi depressivi o di stress che le donne non diagnosticate si rivolgono allo specialista; nel caso in cui l’ADHD non venisse riconosciuto e trattato, è possibile una cronicizzazione dei disturbi secondari (Kooij, 2013). […] Data la forte componente genetica del disturbo, se poi la donna ADHD ha un figlio affetto dallo stesso disturbo, allora le sfide quotidiane saranno molte di più”.
Alcuni esperti definiscono i sintomi di ADHD nelle donne “subdoli”. A quanto pare, le ragazze che hanno ricevuto una diagnosi di ADHD in età infantile, crescendo presentano sintomi diversi, ma importanti se non seguite in maniera opportuna. Secondo Hinshaw (2002), dopo diversi anni, i tratti tipici del disturbo sono meno evidenti, ma emergono sintomi psichiatrici e difficoltà nel funzionamento delle attività quotidiane maggiori rispetto alle ragazze senza una diagnosi di ADHD. Questo potrebbe farci capire l’importanza di sapere riconoscere i giusti segnali.
Un altro aspetto interessante, in cui molte donne potranno identificarsi, è che le ragazze con ADHD a scuola si dimostrano brillanti e perspicaci, ma le difficoltà si possono manifestare quando è richiesta una notevole concentrazione, come per esempio durante un esame o mentre si studia da sole (Johnson, 2020).
È importante ricordare che alcune donne con ADHD si dimostrano essere entusiaste, energiche e iper-concentrate sui loro obiettivi, purché siano realistici (Johnson, 2020). A prescindere se la diagnosi arriva nell’infanzia, nell’adolescenza o nell’età adulta, gli specialisti possono indicare le risorse più utili per imparare a gestire l’ADHD a seconda delle nostre necessità come per esempio ADHD coaching, terapia cognitivo comportamentale, parent training e gruppi di sostegno. Le ricerche sull’argomento stanno continuando e saranno sicuramente utili per avere le idee più chiare e intervenire tempestivamente con gli strumenti giusti. Non dimentichiamoci che l’ADHD può diventare un valido alleato per avere successo nella vita. Del resto, l’obiettivo di questo articolo è quello di informare e non allarmare, sensibilizzare e non giudicare. Adesso potremo essere un po’ più sensibili all’argomento e farci le giuste domande.
E comunque, per la cronaca, noi donne non siamo svampite, abbiamo semplicemente il nostro modo unico di ragionare e agire.
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