Per quanto i bambini nei primi mesi, possano iniziare a manifestare segnali di felicità, paura, rabbia, sorpresa e tristezza, le prime reazioni saranno caratterizzate principalmente da due emozioni: essere attratti verso ciò che è piacevole e ritrarsi da ciò che è spiacevole. Dopo le emozioni primarie, entrano in gioco le emozioni secondarie verso i 18-24 mesi. Fra queste emozioni troviamo: colpa, vergogna, imbarazzo, orgoglio e invidia.
Qualche curiosità in più…
Grazie alle emozioni secondarie, i bambini verso i 2 anni incominciano a sviluppare consapevolezza di se e autocoscienza(Berk, 2018). Interessante vero? Chissà, forse i vostri figli piccoli sono più coscienzionsi di voi. Sapete un’altra cosa interessante? I vostri bambini piccoli stanno già sviluppando la capacità di regolare le loro emozioni autonomamente, ma hanno bisogno di voi per farlo in maniera efficace. Come? Aiutandoli a comprendere che è normale vergognarsi, arrabbiarsi o avere paura, ma è anche possibile parlarne e riuscire a gestire queste emozioni. Possiamo aiutarli dicendo che comprendiamo come si sentono perché anche mamma e papà delle volte si sentono così. Possiamo anche trovare con loro un “trucchetto” per affrontare le emozioni negative.
Parlare di emozioni non è sempre facile o spontaneo come potremmo aspettarci. Qualcuno potrebbe anche chiedersi: “Che motivo c’è di farlo? Del resto, se un bambino o un adolescente è arrabbiato, state sicuri che ve lo farà capire”. Forse, chi ha più bisogno di capire è proprio chi, quelle emozioni, le prova e deve imparare a gestirle. Questo è un buon punto di partenza per sviluppare resilienza emotiva.
Qualche suggerimento pratico…
È importante capire quale possa essere il momento più giusto. Delle volte, può essere più efficace aspettare un momento migliore, invece che parlarne immediatamente perché forse il bambino/ ragazzo è troppo nervoso o distratto e non solo lui, ammettiamolo. In questo caso, appena le circostanze lo permettono e siete entrambi dell’umore giusto, affrontate il discorso senza però farlo sembrare un rimprovero. Qualcosa come: “Prima mi sei sembrata un po’ arrabbiata, possiamo parlarne?” potrà essere un buon inizio. Ci saranno momenti in cui sarà importante che il genitore faccia il primo passo perché il bambino/ragazzo potrebbe sembrare indifferente alla circostanza. Per esempio: il primo giorno di scuola, dopo aver perso una partita, prima del suo primo saggio di musica oppure mentre si prepara per un compito in classe.
Cosa si può dire?
“Mi sembri un po’ agitata.”
“Cosa ti ha reso così nervoso? “
“Cosa puoi fare per stare meglio? “
“Mi piacerebbe sapere cosa ti rende felice. “
“Sei emozionata per il tuo primo saggio? “
“Sai che anch’io mi sento triste delle volte? Può capitare, ma poi passa sei fai qualcosa che ti fa stare meglio. “
“È normale avere paura di qualcosa di nuovo, anche a me capita. Magari possiamo trovare il modo di vincere questa paura. Cosa proponi? “
Ultimo consiglio: fidatevi di voi stessi!
Per quanto possiate seguire quelli che vi sembrano essere buoni consigli o tecniche efficaci, in alcuni casi, solo voi potete trovare la chiave giusta per permettere a vostro figlio di comprendere le proprie emozioni e imparare a gestirle. Come genitori, potete essere gli unici a dire o fare esattamente ciò di cui vostro figlio ha bisogno e rendere le conversazioni efficaci. Non seguite un copione, ma fidatevi di voi stessi e di quello che state imparando come genitori, giorno dopo giorno.